Schiavo in Libia: protezione umanitaria a cittadino del Togo

Il Tribunale Ordinario di Roma-Sezione Diritti della Persona e Immigrazione Civile ha riconosciuto, con decreto del 5 giugno 2018, la protezione umanitaria a un cittadino del Togo difeso dall’avvocato di Progetto Diritti Cosimo Alvaro. L’uomo, che svolgeva nel suo Paese d’origine il lavoro di meccanico, era stato picchiato e minacciato da un cliente perché la moto che questi gli era stata affidata in riparazione era stata rubata da terzi. Aveva quindi deciso di lasciare il Paese per il timore di ulteriori ritorsioni, essendo il cliente figlio di un ufficiale molto potente. Nel viaggio verso l’Europa l’uomo era stato costretto in Libia per sette mesi, sottoposto a violenze e venduto a un libico come schiavo. Nel frattempo lo aveva raggiunto la notizia della morte del padre durante una manifestazione antigovernativa in Togo.

Il Tribunale in Composizione Collegiale, presieduto dalla Dott. ssa Luciana Sangiovanni, ha valutato anzitutto la situazione socio-politica vigente in Togo dove si sono acuite dalla fine del 2017 le tensioni sociali legate alle proteste contro il presidente Gnassinché e per l’attuazione di una riforma costituzionale. Arresti di massa, detenzioni arbitrarie, tortura e violenze sui manifestanti e uccisione di alcuni di loro, oltre a un clima generalizzato di impunità per le violazioni dei diritti umani, sono testimoniate nel Rapporto di Amnesty International 2017-2018. “La particolare situazione del paese di origine sopra descritta, potrebbe – affermano i giudici – esporre il ricorrente al rischio di essere coinvolto in possibili rivolte e scontri violenti tra le forze dell’ordine e dimostranti in aperto dissenso con il governo in carica, rischio tuttavia limitato nel tempo, considerato che l’attuale quadro socio politico allo stato non depone per una situazione di pericolo generalizzato”.

Inoltre, determinante ai fini del giudizio, è la considerazione della natura del percorso migratorio, in cui il richiedente in giovane età è stato sottoposto a torture e trattamenti degradanti.

Il racconto ha trovato poi puntuale riscontro nelle informazioni diffuse da organi di stampa e organizzazioni internazionali (Amnesty International) che attestano come la detenzione di massa arbitraria e a tempo indeterminato sia il principale mezzo di controllo dell’immigrazione in Libia. Nei centri i migranti subiscono trattamenti orribili, che si innestano in un ciclo di sfruttamento in cui colludono le guardie carcerarie, i trafficanti e la Guardia costiera. Nel corso del 2016 e del 2017 la Guardia Costiera Libica ha incrementato la sua operatività grazie al sostegno ricevuto dagli stati dell’Unione europea.

La permanenza del richiedente in centri dove la tortura e la riduzione in schiavitù sono la regola ha determinato una condizione di vulnerabilità di cui il Tribunale ha tenuto conto riconoscendogli la protezione umanitaria.

Puoi leggere qui il testo completo del Decreto del Tribunale di Roma – Sezione Diritti della Persona e Immigrazione del 5/06/2018.

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