Ricongiungimenti familiari impossibili a Roma?

cronache dallo sportello al Pigneto [2]

C’è del marcio in Danimarca, diceva il solito Amleto. C’è qualcosa che non va allo Sportello Unico per l’Immigrazione della Prefettura di Roma, diciamo noi. Vi raccontiamo questa breve storiella. La settimana passata è venuta allo sportello F., una donna nigeriana, titolare di permesso di soggiorno, che ha presentato nel maggio 2019 una domanda di ricongiungimento familiare per il suo unico figlio di 17 anni. Avete letto bene: nel maggio 2019! E considerate che i termini di istruttoria sono di 90 giorni. 
Siamo a febbraio 2021 e F. non ha ancora ricevuto nessuna risposta. Abbiamo controllato: la sua pratica non è stata nemmeno lavorata. Abbiamo presentato delle istanze di sollecito. Non è un caso isolato. Tutte le pratiche di questa tipologia sono in ritardo di almeno un anno. Ripetiamo: non sembra una eccezione: sembra la regola. 
Che cosa sta accadendo allo Sportello Unico per l’Immigrazione della Prefettura di Roma? Non lo sappiamo. Perché se la comunicazione con lo Sportello Unico poteva essere considerata «complicata» prima della pandemia, oggi è diventato ancora più difficile parlare con chiunque dello Sportello. 
Noi telefoniamo, e nessuno risponde.
Mandiamo mail, e nessuno risponde. 
C’è del marcio in Danimarca, ripeteva sempre Amleto. C’è davvero qualcosa che non va allo Sportello Unico per l’Immigrazione della Prefettura di Roma?
E allora Progetto Diritti si sta muovendo, noi non ci adeguiamo, e insieme ad altri siamo pronti a fare una battaglia per fare ripartire queste domande che sono bloccate da tempo immemore. Vi faremo sapere.

(Questa cronaca è stata scritta grazie alla collaborazione di Cristiana Pelliccetti, operatrice dello Sportello legale di Progetto Diritti)