Tribunale di Brescia: Discriminatoria l’ordinanza del Sindaco di Chiari che vieta il matrimonio dello straniero irregolare

12.04.2012

Il giudice ordina la pubblicazione del provvedimento sul quotidiano “La Repubblica” a spese del Comune.

Accogliendo il ricorso collettivo proposto da ASGI e Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’Uomo ONLUS, il giudice del Tribunale di Brescia (III sez. civile), con provvedimento depositato l’11 aprile, ha riconosciuto la natura discriminatoria dell’ordinanza del Sindaco di Chiari, il Senatore della Lega Mazzatorta , del 26 settembre 2011, con la quale veniva disposto il requisito del possesso del titolo di soggiorno (permesso di soggiorno o carta di soggiorno) ai fini della pubblicazione di matrimonio del cittadino straniero.

Il Sindaco di Chiari aveva emanato l’ordinanza in aperta polemica e con atteggiamento di sfida nei confronti della sentenza della Corte Costituzionale n. 245/2011 che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 116 c. 1 c.c., come modificato dall’art. 1 c. XV della legge n. 94/09, nella parte in cui imponeva l’esibizione da parte dello straniero di un documento attestante la regolarità del suo soggiorno ai fini delle pubblicazioni e della celebrazione del matrimonio in Italia.

Secondo la Corte Costituzionale, infatti, il diritto a contrarre matrimonio costituisce un diritto umano fondamentale discendente dagli articoli 2 e 29 della Costituzione, ed espressamente enunciato nell’articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e nell’articolo 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Come tale, tale diritto spetta «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani»,  con la conseguente che la «condizione giuridica dello straniero non deve essere pertanto considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi».

Alla luce della citata sentenza della Corte Costituzionale, il giudice del Tribunale di Brescia non ha potuto che dichiarare l’eclatante natura discriminatoria del provvedimento del Sindaco di Chiari, il quale non poteva certo introdurre nell’ordinamento in maniera surrettizia una norma già dichiarata incostituzionale. Ulteriormente, il giudice di Brescia ha dichiarato infondata la tesi sostenuta dall’Amministrazione comunale di Chiari secondo cui l’ordinanza poteva ancorarsi al disposto dell’art. 6 d.lgs. n. 286/98, per cui “i documenti inerenti al soggiorno devono essere esibiti agli ufficiali della PA ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni,e altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati”. Il giudice, infatti, ricorda che la stessa norma fa eccezione per i provvedimenti inerenti agli ‘atti di stato civile’ e che comunque le pubblicazioni matrimoniali non implicano il rilascio di alcuna ‘autorizzazione’, ma semplicemente integrano una forma di ‘pubblicità – notizia’.

Molto meno convincente la parte del provvedimento del giudice nella quale egli ritiene non discriminatoria l’ordinanza del Sindaco nella parte in cui prevede l’obbligo dell’operatore comunale di segnalare all’autorità di polizia locale ovvero all’autorità di pubblica sicurezza la presenza negli uffici di uno straniero non in regola con il soggiorno, in quanto essa sarebbe semmai coerente con il precetto penale (art. 361 c.p.).

I ricorrenti aveva rilevato come dall’inammissibilità del requisito del possesso del permesso di soggiorno ai fini delle pubblicazioni matrimoniali deriva come corollario che gli ufficiali di stato civile non sono tenuti neppure a verificare se il subendo straniero possegga, o meno, un regolare permesso di soggiorno, poiché questo comporrebbe un aggiramento della legge.

Conseguentemente, le istituzioni pubbliche non debbono segnalare alcuna condizione di illegalità di soggiorno, proprio perché non sono tenute (né possono) richiedere il permesso di soggiorno per le pubblicazioni matrimoniali.

L’eventuale richiesta di esibizione del permesso di soggiorno al subendo straniero che richiede le pubblicazioni, con conseguente segnalazione, in caso di assenza, potrebbe configurare il reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.), in quanto sarebbe conseguente ad un’attività accertativa (la verifica della regolarità di soggiorno del nubendo straniero) in contrasto con una precisa norma che non lo pretende (art. 6, co. 2 TU 286/98) e con l’obbligo derivante dal rispetto del sistema internazionale e costituzionale dei diritti umani di garantire la libertà matrimoniale.

Nell’accogliere il ricorso ed accertare la natura discriminatoria dell’ordinanza del Sindaco di Chiari, il giudice ha ordinato la pubblicazione del provvedimento giudiziario sul quotidiano “La Repubblica” a spese del Comune così come ha disposto a carico del Comune, quale parte soccombente, il pagamento delle spese legali, nella misura di 4,000 euro.