Respingimenti, Italia in tribunale

“Rifugiati politici rimandati in Libia”

Ricorso contro il nostro paese di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Nel 2009 duecento migranti furono riportati a Tripoli. Gli avvocati: “Violate le norme internazionali”

 L’Italia contro la Corte europea dei diritti dell’uomo: Roma dovrà rispondere a Strasburgo, di fronte all’Europa intera, per aver respinto – due anni fa, a 35 miglia a sud di Lampedusa – duecento rifugiati politici. L’esito creerà un precedente e influirà sulle politiche sia italiane che comunitarie sull’immigrazione. La prima udienza è prevista domani, 22 maggio.

 Contro l’Italia si sono schierati 24 migranti, undici somali e tredici eritrei. Il ricorso (il numero 27765/09) è stato presentato dagli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci, membri del direttivo dell’Unione forense per i diritti dell’uomo. Al centro di questa causa internazionale, la condotta delle autorità italiane: la storia comincia nel 2009 e il primo a raccontarla è stato il giornalista Riccardo Iacona nel documentario “Respinti”. Il 6 maggio, tre barconi con 200 passeggeri a bordo, sono stati intercettati in acque di competenza maltese dalla Guardia Costiera italiana. Ma invece di essere soccorsi e sbarcati, sono solo stati trasferiti sulle navi militari italiane e riportati dritti dritti a Tripoli nelle mani delle forze libiche. 

 I 24 migranti hanno riferito agli avvocati che durante il viaggio le autorità italiane non li hanno informati su dove sarebbero stati portati e, calpestando il diritto d’asilo, non gli è mai stato chiesto da dove provenissero. La Convenzione Sar impone invece l’obbligo di riportare i rifugiati “in a safety place” 

che non è né la nave soccorritrice, né – a detta del Parlamento europeo – un porto libico. Non solo: la Convenzione di Ginevra, di cui l’Italia è firmataria, prevede che nessun Paese “potrà espellere o respingere, in nessun modo, un rifugiato verso le frontiere dei luoghi dove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, religione, nazionalità”.

“Nel ricorso – spiega Lanna – noi solleviamo diverse questioni, relative principalmente alla non ottemperanza di quanto previsto dall’articolo 3 della Convenzione per i diritti dell’uomo (divieto di tortura e di maltrattamenti, ndr), dall’articolo 4 del quarto protocollo allegato alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (divieto di espulsioni collettive di stranieri, ndr) e l’articolo 13 della stessa Convenzione (diritto a un ricorso effettivo)”. 

L’onere della decisione spetta alla Grande Camera della Corte Europea, composta da 17 giudici. Unico testimone italiano del respingimento è Enrico Dagnino, fotoreporter, che tra il 6 e il 7 maggio del 2009 si trovava a bordo del pattugliatore Bovienzo della Guardia di Finanza.  Per l’avvocato Lanza “si tratta di un caso di grande interesse a livello mondiale. Basti pensare che tra i terzi intervenuti nella causa troviamo due organi importanti dell’Onu come l’Alto Commissariato per i rifugiati e l’Alto Commissariato per i diritti umani. Ci sono poi le più importanti organizzazioni non governative e associazioni, fino ad arrivare alla Columbia University”. Il verdetto arriverà dopo l’estate.

 di GIULIA CERINO

www.repubblica.it – 21.06.2011