Progetto Diritti sulla sentenza del Processo Condor

20170117_173234Si è concluso ieri nell’Aula Bunker di Rebibbia a Roma, il procedimento penale noto come Processo Condor, per l’uccisione e la sparizione di quarantatré persone, delle quali ventitré italiani, avvenuti in Cile, Argentina, Bolivia, Brasile e Uruguay, durante le dittature latino-americane, a partire dal colpo di Stato avvenuto in Cile l’11 settembre del 1973.

Otto ergastoli e diciannove assoluzioni: questa la sentenza emessa dalla Corte di Assise di Roma.

L’Associazione Progetto Diritti, con gli avvocati Arturo Salerni e Mario Angelelli legali di molte parti civili, ritiene che la sentenza pronunciata ieri rappresenti un passaggio di grande rilevanza sul piano del giudizio storico e delle responsabilità giuridiche dei responsabili del sequestro, della tortura, del massacro e della sparizione sistematici di migliaia di militanti politici e sindacali nell’America Latina negli anni ‘70 e ‘80. La Corte ha riconosciuto l’esistenza del Piano Condor orchestrato dai regimi del Sud America, appoggiati dagli Stati Uniti, ed ha affermato la responsabilità dei suoi capi politici e miliari ancora in vita, condannandoli alla pena dell’ergastolo. Gli   avvocati   di   Progetto   Diritti   sono   altresì   convinti   che,   sulla   base   delle   prove raccolte   nel  corso   del   dibattimento,   si   possa   giungere   nel   grado   di   appello   al riconoscimento della responsabilità di Jorge Nestor Troccoli, il militare della marina militare uruguayana, unico imputato non contumace perché residente in Italia, e dei suoi complici, per i quali ieri la Corte non ha ritenuto di accogliere le richieste di condanna all’ergastolo formulate dalla Procura della Repubblica di Roma. Si tratta di numerosissimi ed efferati crimini commessi in Argentina fra il Natale del ’77 e il Capodanno del ’78, dai militari uruguayani in complicità con i torturatori argentini. Decine di omicidi, torture reiterate, uccisioni, sparizioni, rapimenti di bambini non devono e non possono restare impuniti. Siamo convinti che il percorso di giustizia continuerà e si affermerà pienamente davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Roma.

Continueremo a lavorare con tutti i difensori delle parti civili, con l’Avvocatura dello Stato, con la Procura della Repubblica, con i familiari delle vittime, con le istituzioni e le associazioni dei paesi latino-americani per arrivare a questo ulteriore risultato.

Roma, 18 gennaio 2017

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