PROCESSO CONDOR: LA PROCURA GENERALE CHIEDE 24 CONDANNE ALL’ERGASTOLO.

Il processo – in corso a Roma avanti la Corte di Assise di Appello – riguarda il sequestro, la tortura, l’uccisione e la sparizione, negli anni ’70-’80, di 43 cittadini, di cui 23 di nazionalità italiana nell’ambito del Plan Condor, l’organizzazione criminale multinazionale finalizzata alla sparizione di persone che fu messa in atto dalle dittature militari di Cile, Paraguay, Uruguay, Brasile, Bolivia e Argentina. Dopo un lavoro quasi ventennale di ricerca e analisi comparativa delle fonti, ascolto dei testimoni, esame delle sentenze dei tribunali esteri e due anni di udienze dibattimentali, il 17 gennaio 2017 si era giunti alla sentenza di primo grado con otto ergastoli e diciannove assoluzioni. Una sentenza storica che ha riconosciuto, per la prima volta in Europa, la colpevolezza dei capi militari e politici dell’Operazione Condor.

L’appello è stato proposto, oltre che dai difensori degli imputati condannati, anche dalla Procura della Repubblica di Roma e dai legali dei familiari delle vittime, tra i  quali Arturo salerni e Mario Angelelli di Progetto Diritti,  per arrivare ad affermare la colpevolezza anche degli imputati assolti in primo grado. Fra questi anche l’unico non contumace, l’ex Capo dell’S2, il servizio di intelligence della Marina militare uruguaiana, l’italo-uruguaiano Jorge Néstor Tróccoli Fernández, ora residente in Italia.

Il processo d’appello si è aperto il 12 aprile scorso 2018. Nel corso del giudizio di appello la difesa dell’Uruguay ha depositato nuovi documenti, provenienti dagli archivi del FUSNA (Corpo de Fucileros Navales de l’Uruguay) di cui faceva parte anche Troccoli, in cui era installata una stanza, detta “la Computadora” dove erano rinchiusi i prigionieri che collaboravano e venivano elaborate schede sui detenuti e organigrammi dei gruppi sovversivi, e dell’’ESMA (Escuela Mecánica de la Armada di Argentina), tristemente nota come uno il più grande centro di detenzione illegale e tortura delle persone scomode alla giunta di Videla, in cui transitarono oltre cinquemila desaparecidos.

Nel giudizio di appello è stato dichiarato non doversi procedere per morte del reo nei confronti di due imputati, condannati all’ergastolo in primo grado: García Meza Tejada (Presidente della Bolivia dal 1980 al 1981, già condannato nel suo Paese a 30 anni di carcere per genocidio) e il peruviano Richter Prada (Primo Ministro del Perù dal ’79 all’80).

Ieri al termine delle requisitorie tenute dalla P.M. Cugini e dalla Procura Generale di Roma è stato chiesto di confermare le condanne già comminate in primo grado e di condannare all’ergastolo altri diciannove imputati.

Il processo proseguirà con gli interventi dei difensori delle parti civili e degli imputati sino all’8 luglio, data in cui la Corte di Assise di Appello dovrebbe riunirsi in Camera di Consiglio per deliberare.

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