Pena sospesa per i rifugiati condannati in seguito agli sgomberi di Piazza Indipendenza

Avv. Arturo Salerni, difensore di due dei rifugiati condannati

Non c’era pericolo per le persone, non c’è stata l’azione concertata da 10 o più persone, ma singoli atti di reazione non proporzionata all’intervento della polizia. Questo in sostanza quanto affermato lunedì 22 gennaio dal Giudice Balestrieri in riferimento alla condanna di tre cittadini, un eritreo, un somalo e un etiope, processati a seguito dei fatti di Piazza Indipendenza dello scorso agosto.

Anche per fare chiarezza rispetto al resoconto della sentenza reso da alcune testate, pubblichiamo le dichiarazioni dell’avvocato di Progetto Diritti Arturo Salerni che ha difeso due degli imputati.

Chi sono i suoi assistiti?

I miei assistiti sono Abdellah Ali Aumarmar, cittadino somalo e Akefe Bereket, cittadino eritreo. Entrambi sono titolari di protezione internazionale. Omar ha con sé quattro bambini in Italia di cui è tutore, mentre Bereket non ha figli. Sono stati arrestati il 24 agosto, nel corso dell’ultima fase di intervento sull’immobile di via Curtatone.

Quali sono i fatti che avete ricostruito?

Aumarmar si trovava all’interno dell’immobile e viene accusato di essere il soggetto che ha lanciato una bombola del gas sotto lo spazio antistante di via Curtatone. Bereket invece, dal 19 fino al 24 agosto, insieme alle persone già sgomberate, si trovava nei giardini di piazza Indipendenza. La mattina del 24, ci sono stati, in momenti diversi, due interventi della polizia. Il primo ha avuto luogo dentro al palazzo di via Curtatone, 3. Solo dopo l’entrata degli agenti nel palazzo si verifica qualche episodio di protesta (e non di resistenza a nostro avviso) con il lancio di suppellettili nello spazio antistante il palazzo che era assolutamente vuoto di persone. Tra i vari oggetti c’è la bombola il cui lancio viene attribuito a Aumarmar, fatto che egli stesso ha ammesso. Invece Bereket, insieme ad altre persone, subisce un improvviso attacco da parte delle forze di polizia che, contestualmente, intervengono per fare quella che è stata definita dalla Prefetta un’operazione di cleaning, cioè volta a ripulire la piazza dalla presenza di persone e oggetti ritenuta compatibile con il decoro della città. Importante ribadire che tutta l’operazione è stata condotta senza trovare soluzioni alternative dal punto di vista abitativo. Bereket, come altri, riferisce di essere stato picchiato: ci sono peraltro dei frammenti video che provano contusioni sul corpo subito fatte rilevare al giudice della convalida Dott. Damizia. Bereket ammette di aver lanciato una bombola ma come evidenziato dalle immagini, a differenza di quanto affermato dal giudice della convalida, il lancio non è indirizzato a un poliziotto. Dopo i fatti i due sono stati trattenuti all’interno del carcere Regina Coeli all’incirca per un mese. Il Tribunale della libertà ha rigettato la richiesta di scarcerazione mentre, in seguito, il giudice Damizia l’ha accolta dando delle prescrizioni: permanenza in alcune ore della notte nella propria abitazione e divieto di allontanarsi dal Comune di residenza (Guidonia).

Quali tesi hanno avanzato le difese?

Il processo è stato celebrato con la formula del rito abbreviato, come da noi richiesto, e abbiamo portato agli atti alcuni filmati che dimostrano, per quanto riguarda via Curtatone, che la polizia è entrata prima che si verificasse il lancio della bombola. Questo a testimonianza del fatto che non vi è stato un atto di resistenza. D’altra parte le modalità di intervento della polizia (con idranti sparati sulla folla) è apparsa spropositata rispetto alle necessità. La massiccia presenza di giornalisti sul luogo ha conferito anche in quel momento ai fatti grande enfasi emotiva e mediatica. Pertanto abbiamo sostenuto, in primis, la non sussistenza di una resistenza perché gli atti contestati, non erano finalizzati a resistere all’azione della pubblica sicurezza, ma semmai a evidenziare una scena dinanzi ai mass media e quindi a enfatizzare la drammaticità della situazione abitativa. In via subordinata abbiamo chiesto di fare cadere le aggravanti e comunque di mantenere la pena di sotto del limite di due anni.

Cosa ha stabilito il giudice?

La Procura aveva chiesto di processare i miei assistiti per resistenza aggravata dalla presenza di 10 o più persone che resistevano e dal lancio pericoloso di oggetti e ha chiesto, in conclusione della sua requisitoria, due anni e mezzo per tutti gli imputati. Il GUP Balestrieri, pur non accogliendo la nostra richiesta principale, ha accolto la nostra posizione rispetto alla contestazione delle aggravanti e ha concesso a tutti gli imputati attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena e la non menzione, cioè tutti i benefici della legge, disponendo pertanto che non fossero più mantenute le misure cautelari.

Quali saranno i prossimi passi?

Attendiamo che vengano depositate le motivazioni e in seguito presenteremo richiesta d’appello. In via principale chiederemo l’esclusione del reato e, in via subordinata, ritenendo l’entità della pena eccessiva rispetto alla colpa riconosciuta, ne chiederemo una diminuzione. In via intermedia proporremo un’assoluzione per irrilevanza dei fatti, ovvero perché il fatto risulta tenue e occasionale. L’occasionalità è evidente in quanto i fatti sono da rapportare alla drammaticità di quegli eventi (non essendo peraltro emersa un’indole violenta degli imputati). Il fatto inoltre, non avendo posto nessuno in pericolo e non avendo determinato mutamento nell’azione della polizia, appare tenue

Il processo a carico dei suoi assistiti scaturisce comunque da una situazione di ordine più generale che ha mostrato tutta la sua gravità nei giorni degli sgomberi di via Curtatone e Piazza Indipendenza.

Quello che dobbiamo rimarcare è che comunque, a fronte di un problema di natura sociale e abitativa significativo, anche sotto il profilo del rispetto delle convenzioni internazionali che impongono misure di accoglienza e tentativi di integrazione per i titolari di protezione, si è risposto con uno schieramento della polizia a tutela della proprietà. Una tutela che ha prevalso su ogni altra esigenza. Le modalità con cui è stato condotto l’intervento della Polizia sono nate dall’esigenza di mostrare la forza nel ristabilire il decoro e la pulizia della piazza. Proprio al decoro quindi è stato sacrificato il rispetto dei diritti umani fondamentali e la tutela di condizioni di assoluta vulnerabilità. Lo stesso processo si è svolto con un costante presidio delle forze di polizia, che hanno impedito lo svolgimento di una conferenza stampa l’11 gennaio a piazza Indipendenza e l’entrata di numerosi attivisti nel Tribunale in occasione delle udienze.

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