L’Italia bocciata da Human Rights Watch; www.repubblica.it; 24/01/2011

“Xenofobia, discriminazioni, respingimenti”

Nella relazione annuale sullo stato dei diritti umani nel mondo l’agenzia americana punta il dito contro l’immobilità delle organizzazioni internazionali di fronte a gravi crisi e violazioni dei diritti umani.

Nel nostro Paese spiccano i casi di Rosarno, dei profughi africani rimandati in Libia e degli sfratti forzati di rom

Il direttore di Hrw, Kenneth Roth, presenta il rapporto 2011ROMA – Razzismo e xenofobia sono ancora un “problema pressante” per l’Italia, un Paese nel quale il dibattito politico, troppo spesso, è segnato da toni accesi ed ostili. A scriverlo è Human Rights Watch (Hrw), l’organizzazione con sede a New York che, ogni anno, stila un rapporto sulle pratiche dei diritti umani a livello mondiale, e che sintetizza i problemi principali in più di 90 Paesi. Il documento (scaricabile a questo indirizzo 1) chiama anche in causa le politiche di molti Stati  –  inclusi alcuni dell’Unione Europea  –  che accettano “i sotterfugi di governi repressivi, sostituendo a pressioni per il rispetto dei diritti umani approcci più morbidi quali dialogo privato e cooperazione”. I Paesi che dovrebbero essere i paladini dei diritti umani “hanno fallito”, accusa l’organizzazione che ha sede a New York.

Da Rosarno ai rom. Nel rapporto di 649 pagine, giunto quest’anno alla 21esima edizione, si dedica un capitolo all’Italia e si ricordano i vari casi di violenze scaturite dal razzismo e dalla xenofobia. Un lungo elenco, nel quale figurano anche le condanne e i richiami, spesso non seguiti da azioni correttive, da parte degli organismi internazionali. Si nota anche l’assenza di leggi specifiche che proteggano le persone discriminate sulla base del loro orientamento sessuale. La disamina parte dalla vicenda di Rosarno che, a gennaio, ha determinato il ferimento grave di 11 lavoratori migranti africani, nel corso della violenta guerriglia le cui immagini hanno fatto il giro del mondo. “Almeno altri 10 migranti, 10 agenti delle forze dell’ordine e 14 residenti hanno dovuto fare ricorso alle cure mediche  –  ricorda il rapporto  –  Più di mille migranti hanno lasciato la città in seguito alle violenze”.

L’organizzazione ricorda come, a febbraio, molti Paesi abbiano espresso la loro preoccupazione relativamente alla violenza xenofoba italiana, nel corso del Consiglio per i diritti umani presso le Nazioni Uniti. E’ ancora “alto” il livello di discriminazione patito da rom e sinti, che vive in condizioni di povertà estrema, in condizioni di vita “deprecabili”, all’interno di campi autorizzati e abusivi. Secondo l’ong, i rom provenienti dall’Europa dell’Est, soprattutto dalla Romania, hanno dovuto far fronte a “sfratti forzati” e ad “incentivi economici” per tornare nei loro Paesi d’origine. E, anche in questo caso, si ricorda il richiamo della comunità internazionale: a ottobre, il comitato europeo dei diritti sociali “ha condannato l’Italia per le discriminazioni nei confronti dei rom, a livello abitativo, ma anche per quanto riguarda l’accesso all’assistenza sociale, economica e legale”.

I respingimenti. “Numerosi” gli interventi della Corte europea dei diritti dell’Uomo (ECtHR) e del consiglio d’Europa contro il trasferimento di sospettati di terrorismo in Tunisia, come Mohamed Mannai (membro di un gruppo jihadista, condannato dal tribunale di Milano). Trasferimenti avvenuti nonostante questi prigionieri rischiassero di subire dei maltrattamenti nel loro Paese d’origine. L’Italia, inoltre, “non ha offerto asilo a una dozzina di eritrei, che aveva respinto verso la Libia nel 2009, e dove sono stati vittime di maltrattamenti e detenzioni illegittime insieme ad altre centinaia di connazionali”. Ad aprile, il nostro Paese ha “violato il divieto di respingimento” quando ha intercettato un’imbarcazione carica di migranti, e l’ha rispedita in Libia, “senza verificare se ci fossero persone bisognose di protezione internazionale” e senza dar loro la possibilità di chiedere asilo. Infine, viene menzionato il processo ai poliziotti responsabili delle violenze commesse nel corso del G8 di Genova: a fronte “della condanna di 25 agenti su 29”, il ministero dell’Interno “ha comunicato di non volerli sospendere”. 

Il silenzio della Ue. Il documento presenta anche un atto d’accusa contro le deboli diplomazie di Onu e Unione europea che, troppo spesso, non fanno seguire alle parole i fatti, per costringere i regimi repressivi a rispettare i diritti umani. “Anziché opporsi con fermezza ai leader violenti, molti governi, tra cui alcuni Paesi membri dell’Unione europea  –  spiega una nota di Hrw – adottano politiche che non generano pressioni volte a un cambiamento. La Ue, anche nei confronti di chi viola i diritti umani, sembra essere orientata a sposare l’ideologia del dialogo e della cooperazione”. Tra gli esempi citati, quelli di Uzbekistan e Turkmenistan: in questo caso, l’Unione non è riuscita a esercitare sufficienti pressioni sui loro governi per favorire cambiamenti. “Sebbene gli accordi di cooperazione della Ue con altri paesi siano condizionati sistematicamente sul rispetto di fondo dei diritti umani, (l’Unione) ha concluso un significativo accordo di scambio col Turkmenistan, un governo fortemente repressivo”, dice Hrw. Altri esempi di scarso impegno, in tal senso: l’approccio verso il presidente ruandese Paul Kagame e il primo ministro etiope Meles Zenawi, ma anche verso una Cina in cui le libertà basilari dell’uomo vengono messe continuamente a repentaglio. Al tempo stesso, la Ue viene invitata a fare di più per difendere i diritti degli immigrati clandestini, per offrire migliori condizioni di asilo politico e essere più attenta ai diritti umani quando si introducono strumenti di lotta al terrorismo. C’è anche un richiamo agli stessi Paesi membri della Ue a non adottare la politica del doppiopesismo: “La credibilità dell’Unione europea come una forza che si batte per i diritti umani nel mondo, dipende anche dalla sua volontà di affrontare le violazioni commesse dai suoi stati membri. Con esempi di discriminazioni e una crescente intolleranza verso i migranti, i musulmani, i rom e altri, ma anche un accesso inadeguato al diritto d’asilo, gli stati membri e le istituzioni europee devono dimostrare un maggior impegno nel far sì che il rispetto per i diritti umani all’interno dei loro confini sia in sintonia con le posizioni europee all’estero”. “Le pressioni europee ci sono state  –  concede Hrw  –  ma solo verso quei governi nei quali il comportamento è stato talmente scandaloso, da far passare in secondo piano gli interessi in gioco: è stato così con la Corea del Nord, l’Iran e lo Zimbabwe”. Un problema che riguarda anche l’Onu, che sbaglierebbe ad “affidarsi ai canali diplomatici e non alla condanna pubblica per convincere i regimi repressivi, come quello cinese, a porre fine alle violazioni dei diritti umani”. Secondo l’organizzazione, l’errore fondamentale del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e di molti altri Paesi della comunità internazionale è quello di promuovere ”il dialogo e la cooperazione” preferendolo alle pressioni pubbliche nei confronti di quegli Stati che violano i diritti dell’uomo. 

Focus su Egitto, Iran, Tunisia. Sul fronte delle violazioni più gravi dei diritti umani, il rapporto, che accusa l’Egitto di “diffuse discriminazioni” contro i cristiani copti e le altre minoranze religiose, continua ad occuparsi della situazione in Iran, dove “la tutela dei diritti umani è peggiorata e il regime ha utilizzato la tortura e l’intimidazione per reprimere l’opposizione e le critiche e per consolidare il suo potere. Continuano senza sosta le restrizioni sulla libertà d’espressione e associazione, le libertà religiose e le discriminazioni sessuali. Durante gli interrogatori della polizia è stata usata la tortura per ottenere delle confessioni. Centinaia di persone, tra cui avvocati, giornalisti, attivisti e leader dell’opposizione restano in carcere senza un capo d’accusa”. La “rivoluzione del gelsomino” in Tunisia,  che ha portato alla caduta del regime di Ben Ali, secondo l’Hrw ha dato una “lezione” all’Unione europea e agli Stati Uniti sui rapporti con i dittatori: “L’Unione europea non si è resa conto dell’arrivo di questa rivoluzione. Penso  –  ha detto Kenneth Roth, direttore generale dell’organizzazione – che l’Ue, gli Stati Uniti e gli altri abbiano capito la lezione E’ un errore schierarsi in un certo qual modo al fianco di un dittatore anche se visto come bastione contro il terrorismo o l’immigrazione illegale”.
di MARCO PASQUA