consiglio di Stato: in circostanze eccezionali, il permesso di soggiorno può essere rinnovato senza che i precedenti penali possano avere un effetto automaticamente ostativo; asgi.it; 22/03/2010

Quando le condanne si riferiscono a fatti risalenti nel tempo, la successiva integrazione sociale dello straniero e i sopravvenuti vincoli familiari debbono essere oggetto di valutazione da parte delle questure.

Due recenti decisioni del Consiglio di Stato intervengono sulla rilevante questione delle ipotesi ostative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno per effetto di condanne penali per i reati elencati nell’art. 4 c. 3 del d.lgs. n. 286/98, così come modificato dalla legge n. 94/2009, se cioè la condanna, anche in primo grado, o definitiva, a seconda delle fattispecie di reato, possa determinare automaticamente la revoca o il rifiuto al rinnovo del permesso di soggiorno senza alcun margine di discrezionalità lasciato alle questure circa la valutazione della personalità e della pericolosità sociale dell’interessato, in rapporto alle sue  condizioni personali, e ai suoi familiari e sociali.

Tale valutazione è certamente ed espressamente obbligatoria nei casi di richiesta di carta di soggiorno (permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti) e nei casi di richiesta di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o ne ha beneficiato.

Con le sentenze n. 683 dd. 10 febbraio 2010, e n. 1133 dd. 26 febbraio 2010, il Consiglio di Stato afferma ora l’importante principio che se, di norma, la condanna penale per uno dei reati elencati nell’art. 4 c. 3 del d.lgs. n. 286/98 e successive modifiche, ha un effetto preclusivo automatico ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, tale automatismo relativo a pregresse vicende penali deve ritenersi escluso in ulteriori due situazioni eccezionali, suscettibili di essere definite quali “elementi sopravvenuti”, passibili di valutazione e capaci di sanare l’ipotesi ostativa ai sensi dell’art. 5 c. 5 del T.U.

Tale è innanzitutto la situazione in cui l’interessato possa vantare vincoli familiari, sebbene costituiti al di fuori delle procedure di ricongiungimento familiare. In tal caso, il Consiglio di Stato rileva la necessità di un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma che non ammetterebbe un trattamento differenziato e dunque irragionevole di identiche situazioni ed esigenze personali. Così il Consiglio di Stato di esprime: “…la valutazione di pericolosità sociale – prevista ex art. 9 d.lgs. n. 286/98 per il diniego di permesso ai soggiornanti di lungo periodo – appare in qualche misura estesa anche ai meri dinieghi di soggiorno, in quanto una interpretazione costituzionalmente  orientata dal precedente art. 5 non puo’ non far rientrare fra i “nuovi elementi”, valutabili ai fini del rilascio del permesso di cui trattasi, le stesse circostanze rilevanti in caso di ricongiungimento familiare (non potendosi operare un trattamento differenziato di identiche esigenze e situazioni personali, ove le stesse non siano conseguenti a ricongiungimento)” (CdS, sez. VI, decisione n. 1133 dd. 26.02.2010).

Analogamente a quanto previsto nei casi di possessori del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti o di coloro che hanno beneficiato del ricongiungimento familiare, uguale esigenza di procedere ad una valutazione complessiva della situazione individuale di pericolosità sociale, al di fuori di ogni automatismo,   potrà sorgere in via di eccezione negli altri casi di rinnovo dei permessi di soggiorno, quando la condanna penale è riferita a fatti risalenti nel tempo e nel contempo “sussistono elementi di fatto tali da indurre  ad una ragionevole prospettiva di positiva integrazione dello straniero nel tessuto sociale, per circostanze sopravvenute  e vincoli familiari” (CdS, sez. VI, decisione n. 683 dd. 10.02.2010). Tali circostanze sopravvenute possono essere ad es. la stabilizzazione di una regolare condizione familiare e lavorativa, intervenute successivamente ad una  condanna penale, la quale , sebbene riferita anche ad un reato grave quale quello di induzione alla prostituzione di una minorenne, risulta  oramai risalente nel tempo.

Questo – precisa il Consiglio di Stato – sulla base dell’esigenza di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 5 c. 5 del T.U. immigrazione che rifletta la necessità  di un giusto equilibrio della politica migratoria in Italia tra esigenze di accoglienza e di rigore.

A cura di Walter Citti