Palermo. Alla progettazione ed alla gestione degli spazi culturali del Castello normanno della Zisa devono partecipare le associazioni. Progetto diritti invia una diffida al Comune di Palermo

 Di seguito la lettera di Progetto Diritti

 

 

 

 

al Comune di Palermo,

in persona del legale rappresentante p.t.

Piazza Pretoria

Palermo

                                                                                  

     Al Dirigente p.t. del

Settore RISORSE IMMOBILIARI

Via Emanuele Morselli, 4

90100 – Palermo

 

 

 

 

 

oggetto: atto stragiudiziale di comunicazione e diffida

richiesta di accesso agli atti ai sensi della l.241/90

 

 

La presente per espresso incarico dell’Avv. Mario Angelelli, n.q. di legale rapp.te p.t. dell’Associazione PROGETTO DIRITTI ONLUS, con sede legale in Roma Via Gustavo Modena 95, rapp.to dall’Avv. Fulvio Tuttolomondo ed elettivamente domiciliato presso lo studio legale in intestazione.

Si premette che il Comune di Palermo, Settore Risorse immobiliari, il 08.11.11, ha pubblicato un invito a manifestare interesse per la valutazione di progetti di idee per la gestione e la ristrutturazione dei padiglioni dei cantieri culturali alla Zisa.

Si tratta di un atto illegittimamente discriminatorio nei confronti delle Associazioni culturali della Città, illegittimamente escluse dall’elenco dei destinatari dell’avviso. In particolare l’invito è rivolto esclusivamente ai soggetti di cui di cui all’art. 34 del codice dei contratti di cui al D.lgs 163/2006, nelle forme e modalità nello stesso descritte, ed in particolare:

 

a) gli imprenditori individuali, anche artigiani, le società commerciali, le società cooperative;

 

b) i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422 e del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni, e i consorzi tra imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443;

 

c) i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro, secondo le disposizioni di cui all’articolo 36;

 

d) i raggruppamenti temporanei di concorrenti, costituiti dai soggetti di cui alle lettere a), b) e c), i quali, prima della presentazione dell’offerta, abbiano conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, qualificato mandatario, il quale esprime l’offerta in nome e per conto proprio e dei mandanti; si applicano al riguardo le disposizioni dell’articolo 37;

 

e) i consorzi ordinari di concorrenti di cui all’articolo 2602 del codice civile, costituiti tra i soggetti di

cui alle lettere a), b) e c) del presente comma, anche in forma di società ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile; si applicano al riguardo le disposizioni dell’articolo 37;

 

f) i soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse economico (GEIE) ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240; si applicano al riguardo le disposizioni dell’articolo 37;

 

f-bis) operatori economici, ai sensi dell’articolo 3, co. 22, stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi.

 

Irragionevolmente, il bando, al fine di valutare la migliore ipotesi progettuale che sia “particolarmente rispondente alle esigenze di valorizzazione culturale e di rilancio che l’amministrazione comunale intenderebbe soddisfare nell’ambito della fruizione dei padiglioni dei cantieri culturali alla zisa,. Cfr. obiettivi del bando), ai fine della individuazione dei destinatari, richiama l’art. 34 del dlgs 163/06 che individua i soggetti legittimati alla stipula di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari.

Invero, l’obiettivo di valorizzazione culturale di uno spazio pubblico non ha alcuna attinenza con i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

 

Stante la dichiarata finalità di valorizzazione culturale avrebbe dovuto trovare applicazione invece l’art. 113 bis D.Lgs. 267/00 e ss. modif. (v. L. 326/03) che disciplina in maniera puntuale la gestione dei servizi locali “privi di rilevanza economica”. La normativa richiamata precisa al 3° e 4° co. che: “Gli enti locali possono procedere all’affidamento diretto dei servizi culturali e del tempo libero anche ad associazioni e fondazioni da loro costituite o partecipate. Quando sussistano ragioni tecniche, economiche o di utilità sociale, i servizi di cui ai commi 1, 2, 3 possono essere affidati a terzi, in base a procedure ad evidenza pubblica, secondo le modalità stabilite dalle normative di settore”.

 
Risulta del tutto evidente che la norma enuncia la categoria generale dei “servizi culturali” senza specificare, nemmeno attraverso una elencazione sommaria, le attività da ricondurre a tale settore. La mancata elencazione delle attività ascrivibili alla categoria dei “servizi culturali” per i quali il legislatore prevede l’affidamento diretto, ci porta a inglobare in essa tutto ciò che induce ad un arricchimento psico-fisico della persona; quindi, non solo la cultura in senso lato, ma anche quella specialistica riconducibile alle discipline umanistiche e scientifiche. Venendo così ad una possibile elencazione, dobbiamo ritenere che devono necessariamente essere fatte rientrare tra i servizi culturali le attività dirette all’organizzazione e/o alla gestione di: biblioteche, cineforum, mostre, ect..
La determinazione dell’ente locale in ordine alla scelta delle modalità di gestione di un servizio pubblico costituiscono espressione di un potere discrezionale attraverso il quale si manifesta la potestà organizzativa riconosciuta dal legislatore. L’art. 113 bis, nel proporre soluzioni alternative, ammette la possibilità di pervenire a forme di gestione dei servizi locali tra loro assai diverse: per tale ragione la scelta fra le forme organizzative proposte dovrà essere sorretta da congrua motivazione. Infatti, come la stessa giurisprudenza ha avuto modo di chiarire, i modelli diversificati offerti dalla disposizione in esame rispondono ad una specifica ratio, e presuppongono una scelta in linea con le prerogative e le caratteristiche proprie del modulo ritenuto più adatto alle esigenze del servizio da affidare; conseguentemente l’opzione tra le possibili soluzioni deve scaturire da una adeguata ponderazione degli interessi coinvolti nella scelta operata.

 
I servizi pubblici locali privi di rilevanza economica possono essere affidati dall’ente territoriale secondo differenti forme di gestione che il legislatore pone in un rapporto di regola ed eccezione: la prima è contenuta nel 1°, 2°, 3° comma dell’art. 113 bis D.Lgs. 267/00 in cui il legislatore dispone che lo svolgimento delle attività è conferito mediante affidamento diretto; l’eccezione invece è contenuta nel 4° co. dell’art. cit. secondo cui non è escluso il ricorso alla procedure ad evidenza pubblica qualora ricorrono determinate ragioni tecniche, economiche o di utilità sociale.


La normativa richiamata prevede, quindi, l’“affidamento diretto” quale forma di gestione ordinaria dei servizi culturali, aggiungendola al catalogo delle altre forme tipiche; ne deriva un quadro nel quale la scelta tra le forme di gestione è prevalentemente orientata in base al criterio dell’affidamento che, come la stessa Corte Costituzionale ha di recente precisato (v. C. Cost. n. 26 del 19.12.2004), assume carattere di “principio vincolante” per le scelte amministrative degli enti locali.


Per la soluzione del quesito è rilevante tenere in debito conto il fatto che, secondo quanto stabilito dalla norma in esame, i servizi culturali possono essere affidati direttamente “anche” ad associazioni e fondazioni costituite o partecipate dagli EE.LL. (v. 3 co. art. 113bis).

 
La congiunzione “anche” deve essere intesa nel senso che il novero dei soggetti cui è possibile affidare direttamente (senza l’esperimento di procedure ad evidenza pubblica) lo svolgimento di tali servizi è certamente più ampio delle sole associazioni e fondazioni:


Sembra dunque possibile includere tra i possibili affidatari anche società cooperative e comitati che, come già precedentemente rilevato, rientrano nell’ambito delle Onlus ricorrendone i requisiti indicati.
Questi soggetti devono essere “costituiti o partecipati” (v. art. 113 bis 3° co.) dagli stessi enti che provvedono all’affidamento diretto dei servizi culturali intesi in senso ampio da ricomprendere anche quelli aventi una marcata caratterizzazione scientifica.

 
Nella prima ipotesi, l’atto costitutivo dell’associazione o della fondazione deve essere posto in essere dal singolo ente locale, ovvero di più enti associati, convenzionati o consorziati; nella seconda ipotesi, quella della partecipazione dell’ente comunale ad associazioni o fondazioni già costituite (ipotesi che riguarda il caso considerato), la disposizione analizzata non precisa l’entità di tale quota associativa (diversamente in altri casi in cui il legislatore ha previsto in maniera esplicita la quota maggioritaria o meno di partecipazione dell’ente), ma in ogni caso non può risolversi in una mera adesione. Da quanto specificato deriva che l’A.C. può procedere all’affidamento diretto della gestione di servizi privi di rilevanza economica alla Associazione onlus che deve risultare comunque “partecipata” dall’ente locale mediante l’acquisizione di una quota associativa.

I rapporti tra l’ente locale affidatario del servizio culturale e il soggetto concessionario dello svolgimento del medesimo sono regolati da apposito contratto di servizio di cui al co. 5 art. 113 bis. Nella prassi amministrativa tale atto assume la forma della convenzione diretta a disciplinare l’affidamento; in particolare tale convenzione viene approvata contestualmente (costituendone parte integrante) alla deliberazione di concessione del servizio. Infatti, mentre l’atto deliberativo motiverà in ordine alle ragioni sottese all’affidamento nei confronti di uno specifico soggetto, la convenzione (di cui si sottolinea la natura contrattuale) disciplinerà gli obblighi e i diritti a carico rispettivamente dell’ente affidatario e del soggetto concessionario.

 

Ciò premesso si invita l’Amministrazione in intestazione a fissare un incontro con tutte le Associazioni culturali interessate, firmatarie della presente diffida al fine di valutare le proposte ed i progetti in fase di realizzazione, finalizzati all’effettiva valorizzazione culturale dei cantieri culturali della Zisa;

 

Si richiede, altresì, l’immediata revoca in autotutela dell’invito sopra indicato per le ragioni esposte e con l’espresso avvertimento che in caso contrario i soggetti istanti si riservano ogni opportuna azione legale.

 

Infine, ai sensi della L.241/90, si chiede,

di voler comunicare, entro e non oltre il termine di 30 gg dalla ricezione della presente, presso il domicilio eletto, una data per l’accesso e l’eventuale estrazione di copia

        degli atti amministrativi relativi al bando sopra specificato,

        degli atti amministrativi relativi ai padiglioni ad oggi “disponibili”, così indicati nel bando (padiglioni nn. 7 – 8/9, 10, 11, 13, 15, 16, 18 a, 19, 20).

        dei progetti eventualmente presentati nei termini dati dal suddetto invito a manifestare interesse per la valutazione di progetti di idee per la gestione e la ristrutturazione dei padiglioni dei cantieri culturali alla Zisa.  

Sussiste un interesse concreto ed attuale e specifico degli istanti di accedere agli atti amministrativi specificati al fine di predisporre un progetto di effettiva valorizzazione delle risorse immobiliari citate che tenga conto degli obiettivi e delle finalità culturali dei soggetti istanti, nonché al fine di esercitare, ove non sia revocato l’atto in autotutela, in modo compiuto e documentato il diritto di difesa avverso l’atto in oggetto.

 

Cordiali saluti.

 

________________

___________________________