Condizioni carcerarie in Italia. L’appello delle associazioni.

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Alcune realtà dell’associazionismo, del volontariato e della cooperazione, fra cui Progetto Diritti onlus, rivolgono un appello alle istituzioni italiane ed europee sulle condizioni carcerarie in Italia. La lettera vuole sollecitare l’attenzione e l’intervento per un sostanziale e durevole cambiamento delle condizioni di vita nelle carceri italiane anche in vista dell’imminente scadenza del 28 maggio 2014 (Sentenza Torreggiani) e alla vigilia del semestre europeo a guida italiana. 
 
È inaccettabile che in un Paese a democrazia avanzata come il nostro sopravvivano pratiche penitenziarie lesive della dignità umana. Diffondiamo l’appello e chiediamo l’adesione con l’invio di una mail all’indirizzo appellocarceri2014@gmail.com.
 
Al Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano
 
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Matteo Renzi
 
Al Ministro della Giustizia
Andrea Orlando
e p. c.
 
Al Presidente del Consiglio Europeo
Herman Achille Van Rompuy
 
e Al Presidente della commissione Libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento Europeo
Juan Fernando Lòpez Aguilar
 
OGGETTO: Condizioni carcerarie in Italia
 
Lo sguardo europeo sulle condizioni di detenzione in Italia ha indotto un processo di piccole riforme legislative che hanno certamente prodotto una riduzione, molto limitata e non ancora determinante, del sovraffollamento carcerario. Sono comunque circa 4 mila i ricorsi di detenuti pendenti presso la Corte Europea per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani e le libertà fondamentali che proibisce la tortura e ogni forma di trattamento inumano e degradante. Ricorsi che comunque attendono una soluzione di carattere compensativo per coloro che tali condizioni hanno subito; ricorsi che ci si augura non si riproporranno poiché le misure adottate avranno modificato radicalmente quella realtà che nel passato ha portato a una condanna così umiliante per la nostra democrazia e la nostra civiltà umana e giuridica. Proprio al fine di poter chiudere questa pagina e confinarla al passato riteniamo che il semestre di guida italiana delle istituzioni europee debba costituire l’occasione di un ulteriore e decisivo stimolo affinché siano migliorate sostanzialmente e durevolmente le condizioni di vita nelle carceri italiane e ci si avvii lungo  il percorso dell’adozione di un diverso modello di giustizia e di detenzione, meno passivizzante e più responsabilizzante, meno chiuso in se stesso e più aperto al ritorno nella società.
È inaccettabile per un Paese a democrazia avanzata come il nostro che sopravvivano pratiche penitenziarie lesive della dignità umana nonché luoghi, come ad esempio Poggioreale a Napoli definiti medievali dal Presidente della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento Europeo a seguito di una visita ispettiva effettuata da una delegazione della Commissione da lui presieduta.
Ci rivolgiamo al Capo dello Stato, per la sensibilità unica dimostrata su questo difficile terreno, al Presidente del Consiglio, per il suo ruolo di straordinario rilievo in questa fase delicata ed al neo Ministro della Giustizia assicurando tutta la nostra disponibilità a sostenere questo difficile ma inevitabile percorso di cambiamento.
Ci permettiamo di rivolgervi alcune richieste partendo dalla nostra oramai trentennale e variegata attività di impegno e di lavoro nel sistema penitenziario italiano.
 
1)   È assolutamente necessario fare ulteriori e più coraggiosi passi in avanti sul terreno delle riforme legislative dirette a diversificare il sistema sanzionatorio e a procedere sulla doppia via della depenalizzazione e della residualizzazione della pena carceraria.
 
2)   La qualità della vita nelle carceri dipende anche da pratiche operative e da modelli di gestione. Nel nostro sistema penitenziario, per prassi consolidata, si è finiti per ritenere che la pena dovesse consistere nella chiusura in cella con pochissimo tempo (a volte solo due ore giornaliere) a disposizione per la vita sociale. È questo il momento di produrre il massimo sforzo per cambiare un modello di gestione, fondato sulla soggezione, l’afflizione e l’umiliazione. Ci vuole un gruppo di regia forte, con anche doti di tipo manageriale e spirito innovativo, che renda prassi operativa in tutto il territorio nazionale ciò che proficuamente, il mondo ricco del volontariato, dell’associazionismo e della cooperazione sociale ha prodotto in questi anni con enorme sacrificio. Il Ministero della Giustizia non deve tardare ad aprirsi in maniera determinata a questo pezzo importante della società civile non avendo paura delle forti resistenze che provengono dall’interno.
 
3)   Nelle carceri italiane la gran parte dei detenuti è a basso indice di pericolosità e occorre evitare il rischio che l’attenzione legittima che si riversa alle poche migliaia di detenuti pericolosi finisca per condizionare il trattamento di tutti gli altri. Per evitare tale rischio la gestione dei detenuti non deve essere necessariamente affidata unicamente a chi ha nella sua biografia una storia, seppur meritoria, di investigazione giudiziaria, privilegiando anche l’apporto che può giungere da chi ha dimostrato un’attenzione continua ai modelli più avanzati di composizione dell’esigenza di sicurezza sociale con il necessario (obbligatorio per lo Stato) ritorno alla società della persona che ha sbagliato, attraverso un percorso rieducativo. Parallelamente la gestione del personale penitenziario (oltre 50 mila persone, alcune delle quali di grande valore professionale) richiede un’attenzione particolare. Una gestione del personale dove al centro ritorni lo scopo per cui queste persone sono assunte, perché è proprio dal riacquistare il senso del proprio lavoro che cresce una serenità del personale da cui dipende molto di quello che, di bello o di brutto, accade negli istituti penitenziari.
 
4)   Un tema centrale per il miglioramento della qualità della vita interna è quello del lavoro dentro e fuori dal carcere ovvero per chi è in esecuzione penale esterna. Il tasso di disoccupazione nelle carceri Italiane è del 96%. Esiste una legge del 2000 (che va ricontestualizzata al momento presente), conosciuta come legge Smuraglia (il finanziamento straordinario del CdM del 13/02/2013 non ha ancora trovato regolare attuazione attraverso lo schema di decreto interministeriale), che pur costituendo una base normativa importante, ancor oggi fa fatica a funzionare a causa della ridotta copertura di spesa. Il lavoro qualificato è essenziale quale fattore di riduzione, pressoché totale, della recidiva e va concretamente incentivato, riducendo quegli intoppi burocratici che spesso non consentono il pieno funzionamento di pur positive leggi esistenti. Anche in questo ambito ci vuole una regia pubblico-privato forte, autorevole e di impronta manageriale.
 
5)   Un problema a cui serve dare immediata risposta riguarda i pochi bambini (40/50) ancora rinchiusi in carcere. Le centinaia e centinaia di case famiglia di varie associazioni presenti sul territorio nazionale sono da anni (con un costo di gran lunga inferiore a quello del carcere o dell’ICAM) disponibili ad accogliere queste mamme con i loro bambini in ambienti sicuramente, oltreché più economici, più adeguati.
 
6)   Va decisamente e definitivamente favorito l’invio in comunità di detenuti (ad esempio tossicodipendenti o malati mentali, ma non solo) in affidamento, sia provenienti dalla detenzione che dalla libertà. E’ necessario un riconoscimento istituzionale ed amministrativo attraverso una retta giornaliera. Le esperienze in atto, oltre ad abbattere in maniera drastica la recidiva (cosa che lo stato italiano oggi non è in grado di assicurare), hanno un costo decisamente inferiore a quello dello stato. Similmente vanno sostenuti i progetti di housing sociale.
 
7)   Infine, molte nostre organizzazioni sin dal 1997 hanno chiesto l’introduzione nel nostro Ordinamento giuridico del Garante nazionale delle persone private o limitate nella libertà. Nonostante ci fosse un obbligo derivante dalla ratifica da parte del nostro Paese di un Protocollo Onu (comunemente riportato con l’acronimo OPCAT) in tal senso e nonostante molti Paesi europei abbiano già istituito figure analoghe, quantunque in vario modo denominate, solo da poco questa figura è stata inserita con legge nel nostro Ordinamento. La nomina dei tre componenti dell’autorità di garanzia – Presidente e due membri – spetta al Capo dello Stato previa delibera del Consiglio dei Ministri. Ci auguriamo che siano scelte persone di comprovata esperienza, non solo nazionale, sul tema dei diritti delle persone private della libertà e del monitoraggio delle condizioni di detenzione. È un incarico molto delicato che richiede indipendenza (ricavabile dalla propria storia professionale e di terzietà), autorevolezza morale, grande conoscenza, nonché lunga esperienza sul campo.
 
Vi ringraziamo per l’attenzione prestata.
     
Roma, 24 aprile 2014
 
Si può comunicare l’adesione all’appello (di persone e associazioni) attraverso l’invio di una mail all’indirizzo appellocarceri2014@gmail.com.
 
 
AGCI Solidarietà, Antigone, ARCI, A Roma Insieme Leda Colombini, 
A Buon Diritto, Associazione Progetto diritti, Comunità Papa Giovanni XXIII Servizio Carcere, Associazione Itaca, Giuristi democratici, Virgilio Balducchi – Ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane, Luigi Ciotti Presidente di Libera, Cittadinanzattiva, Conferenza nazionale volontariato giustizia, Consiglio italiano per i rifugiati, Federsolidarietà Confcooperative, Fondazione Michelucci – Firenze, Forum droghe, Fp Cgil, Garante dei diritti dei detenuti della Regione Toscana, Gruppo Abele Italia, Legacoopsociali – Italia, Medici contro la tortura – Italia, Rete della Conoscenza, Ristretti  Orizzonti – Padova, Società italiana psicologia penitenziaria, Società della Ragione, Unione delle Camere penali italiane, Vic volontari in carcere – Roma, Consorzio La città Solidale – Ragusa, Consorzio sociale Giotto – Veneto, Consorzio sociale Kairos – Torino, Consorzio sociale Prisma – Vicenza, Cooperativa 153 – Perugia, Cooperativa Abc La Sapienza in tavola – Milano, Cooperativa Alternativa – Treviso, Cooperativa Alternativa Ambiente – Treviso, Cooperativa Campo dei Miracoli – Gravina in Puglia (BA), Cooperativa Cieli e Terra Nuova – Rimini, Cooperativa Comunità Papa Giovanni XXIII – Rimini, Cooperativa Ecosol – Torino, Cooperativa Il Calabrone – San Pietro di Legnago (VR), Cooperativa Il Cerchio – Venezia,  Cooperativa Il Pungiglione – Mulazzo (MS), Cooperativa Il Ramo – Bernezzo (CN), Cooperativa I tesori della terra – Cuneo, Cooperativa La Casa di Alberto – Catania, Cooperativa La Formichina – Santa Venerina (CT), Cooperativa La Fraternità – Rimini, Cooperativa L’Arcolaio – Siracusa, Cooperativa L’Eco Papa Giovanni XXIII – Dueville (VI), Cooperativa Men At Work – Roma, Cooperativa Rinascere – Dueville (VI), Cooperativa Rio Terà dei Pensieri – Venezia, Cooperativa Rose Blu – Villa San Giovanni (RC), Cooperativa San Damiano – Sorso (SS), Cooperativa Syntax Error – Roma, Cooperativa Verlata – Vicenza, Cooperativa Work Crossing Padova, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza, Nando Dalla Chiesa Presidente onorario associazione Libera.