Premio natalità: un’illegittima e illogica discriminazione

Possono beneficiarie del “Premio natalità”, istituito con la legge di bilancio 2017 (L. 11 dicembre 2016, art. 1 comma 353) le donne con cittadinanza italiana o comunitaria, status di rifugiato politico o protezione sussidiaria, permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo, ma non le titolari di permesso di soggiorno ordinario. Così stabiliscono le circolari INPS (n. 39 del 27 febbraio 2017 e n. 61 del 16 marzo 2017) attuative della suddetta norma. Per contrastare il profilo di natura discriminatoria che ne deriva, Progetto Diritti insieme a INCA- Istituto Nazionale Confederale Assistenza e 14 cittadine migranti regolarmente soggiornanti in Italia, hanno presentato ricorso al Tar del Lazio contro INPS, Ministero del Lavoro e Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il ricorso, patrocinato dagli avvocati Vittorio Angiolini, Luca Santini e Luca Formilan, chiede di annullare, nelle parti che introducono questa restrizione, le circolari. Quest’ultime contraddicono quello che era l’intento universalistico del legislatore nell’istituire un sostegno economico, pari a 800 euro, da corrispondere alle future madri al compimento del settimo mese di gravidanza, o all’atto dell’adozione, senza restrizioni di sorta. La norma stabilisce infatti che “A decorrere dal 1°gennaio 2017 è riconosciuto un premio alla nascita o all’adozione di minore dell’importo di 800 euro. Il premio, che non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all’articolo 8 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è corrisposto dall’INPS in unica soluzione, su domanda della futura madre, al compimento del settimo mese di gravidanza o all’atto dell’adozione”.

Fra i requisiti previsti dall’Inps nelle circolari attuative invece, non risulta nella legge il possesso di permesso di soggiorno ordinario, il che comporta un sensibile restringimento della platea delle persone di nazionalità extracomunitaria potenziali beneficiarie del premio di natalità.

Oltre a violare, illogicamente, la norma di cui vorrebbero essere applicazione, le circolari appaiono in contrasto con il diritto comunitario in tema di accesso alle prestazioni sociali in cui resta fondante il principio di non discriminazione (art. 18 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e art. 12 della direttiva comunitaria 2011/98/UE).

Infine i ricorrenti rilevano dei profili di illegittimità costituzionale relativamente alla norma in forza della quale sono state adottate le circolari dell’INPS. Esiste una consolidata giurisprudenza, come argomentano i ricorrenti, in cui la Corte ha riconosciuto, per misure analoghe a quella in questione, l’illegittimità costituzionale dei quadri legislativi sottostanti, ristabilendo così il principio di parità di trattamento desumibile in via generale dall’art. 3 della Costituzione. In particolare in diverse occasioni la Corte costituzionale ha stabilito l’intrinseca irragionevolezza della previsione del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, quale requisito per l’accesso alle prestazioni di natura assistenziale.

I principi enunciati e ribaditi dai Giudici costituzionali trovano chiaramente applicazione nel caso della misura del Premio di natalità, avente natura assistenziale e perciò rivolta a sopperire allo stato di bisogno di famiglie nelle quali facciano ingresso dei figli minori. Le disposizioni dell’INPS finirebbero infatti per negare assistenza proprio alle madri in possesso di redditi particolarmente bassi, bisognose semmai di maggiore protezione, che proprio in ragione dei propri limitati guadagni non siano in condizione di ottenere il rilascio del titolo di soggiorno di lungo periodo.

Ulteriori profili di illegittimità del quadro normativo in questione, dipendono dalla necessaria osservanza degli impegni assunti dalla Repubblica italiana nei confronti della comunità internazionale, in particolare in riferimento alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), da cui deriva l’illegittimità di qualsiasi distinzione nell’accesso alle prestazioni di natura assistenziale, che si fondino sulla nazionalità del beneficiario.

Le persone fisiche ricorrenti sono direttamente lese dall’adozione degli atti impugnati, che le escludono dalla possibilità di concorrere all’assegnazione del premio di natalità, trattandosi di donne in stato di gravidanza con data del parto presunto assai ravvicinata, o di madri di figli nati nei primi mesi dell’anno 2017. Pertanto nel ricorso si chiede una sospensiva delle circolari, in via di urgenza e nelle more della definizione del giudizio, per poterle ammettere all’assegnazione del “premio di natalità”. Inoltre si chiede al TAR una pronuncia in via d’urgenza, considerando che il riconoscimento tardivo alla possibilità di assegnazione del beneficio, rischia di scoraggiare diverse madri dal presentare la domanda e di consolidare così la discriminazione operata dalle Amministrazioni resistenti nei loro confronti.

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