Chi soffia sul fuoco delle paure alimenta l’illegalità

di Arturo Salerni e Mario Angelelli

 

Siamo avvocati e siamo da anni impegnati, con le nostre associazioni Progetto Diritti e Servizio Legale Immigrati, nella tutela dei diritti dei cittadini e dei lavoratori stranieri immigrati nel nostro paese, ed in particolare di coloro che sono venuti a vivere ed a lavorare a Roma e nel Lazio.

A ondate successive si abbattono sulla condizione dei migranti e sulle nostre attività professionali ed associative le proposte ed i provvedimenti più dissennati messi in campo a partire dall’equazione “immigrazione uguale crimine”. Si alimentano le situazioni di irregolarità e di clandestinità, salvo intervenire dopo qualche anno per sanare situazioni non più governabili. Moltissimi migranti – la gran parte – oggi regolarmente soggiornanti del nostro paese (e lo stesso vale per il Lazio) sono stati irregolari e/o clandestini, lavoratori in nero, e hanno usufruito di un qualche condono.

 

Stavolta si è soffiato a dismisura sul fuoco delle paure. Ecco quindi la proposta di inserire nel nostro ordinamento il reato di immigrazione clandestina e, in aggiunta o in alternativa, sulla spinta delle determinazioni dell’Unione Europea, la proposta di allargare addirittura fino a un anno e mezzo il tempo della detenzione amministrativa nei Cpt.

Definire reato la semplice mancanza di un titolo di ingresso o di soggiorno, oltre a essere un’aberrazione sul piano giuridico e un fattore inaccettabile di imbarbarimento e disumanità, significa creare le condizioni per fare definitivamente impazzire il nostro sistema giudiziario ed il nostro sistema penitenziario, ingolfando in modo irreversibile le nostre aule di giustizia e sovraffollando oltre ogni limite le carceri. In particolare in una situazione come quella romana, nella quale la lentezza dei processi ha già superato da tempo il livello di guardia. Le carceri di Rebibbia e di Regina Coeli sono tornate, dopo i benèfici ma passeggeri effetti dell’indulto, a condizioni di detenzione lontane da ogni standard civile. Nell’intera regione, il numero dei detenuti sta sfiorando le 4.800 unità, a fronte di una capienza di circa 150 posti inferiore.

 

Pensare, peraltro, che una persona possa restare privata della libertà per un periodo di diciotto mesi senza che alla stessa si contesti la commissione di alcun reato appare eversivo del più elementare valore democratico e costituzionale.
Di fronte a questo scenario non si può restare in silenzio. Noi lavoreremo – con le nostre associazioni e con i tanti soggetti che sul nostro territorio quotidianamente creano solidarietà, assistenza ed integrazione – per rendere palese l’assurdità di una simile deriva, la pericolosità della criminalizzazione di chi viene nel nostro paese fuggendo condizioni di miseria estrema e di oppressione, le distorsioni che interventi legislativi inutilmente feroci creano su un sistema, quello della giustizia, che invece dovrebbe dare ai cittadini risposte certe e rapide per la tutela dei loro diritti.